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Biagio Izzo e Rocío Muñoz Morales in «Di’ che ti manda Picone» al Verdi di Brindisi

COMUNICATO STAMPA

Nel 1984 uscì il film diretto da Nanni Loy, «Mi manda Picone», la storia di un operaio dell’Italsider di Bagnoli che per protestare contro la chiusura della fabbrica si diede fuoco davanti alla sala consiliare del Comune di Napoli sotto gli occhi della moglie e del figlio piccolo. Ora quella storia, scritta da Elvio Porta, arriva con il sequel, dal titolo «Di’ che ti manda Picone», sul palco del Teatro Verdi di Brindisi, mercoledì 14 marzo (ore 20.30). Protagonista Biagio Izzo, l’ex bimbo orfano ora adulto. Al suo fianco Rocío Muñoz Morales. Nel cast Mario PorfitoLucio AielloAgostino ChiummarielloRosaMirandaAntonio RomanoArduino SperanzaAngela Tuccia.

Lo spettacolo è un dichiarato spin-off del film con Giancarlo Giannini e Lina Sastri, nonché un omaggio al suo sceneggiatore Elvio Porta, scomparso nel 2016. Il protagonista, infatti, è il figlio dell’operaio autore del gesto tragico. All’epoca bambino, Antonio è diventato un cinquantenne disoccupato, refrattario a ogni responsabilità e in procinto di avere un figlio, con una compagna, Mara, che minaccia di lasciarlo se non si deciderà a “crescere”, finché una mattina arriva l’occasione per affermare la sua compiuta maturità. Il senatore Fernando Cafiero Palma, un politico senza scrupoli, con la sua fedifraga consorte, gli fa una «proposta indecente». Reso appetibile per la parentela diretta con un «martire del lavoro», il politico architetta un piano per convincere l’uomo a candidarsi alla Camera per poterlo poi coinvolgere in una speculazione che prevede lo sgombero di alcuni palazzi occupati da un orfanotrofio, una casa di riposo per anziani e un istituto per non vedenti, destinati a diventare un centro commerciale.

Ma non tutto andrà per il verso “giusto” progettato dal senatore che vuole “strumentalizzare” la memoria di un operaio disposto a morire pur di non “accettare i soprusi del potere”. Verità possibili e invenzioni probabili si susseguono nello spettacolo che mette insieme buoni e cattivi propositi, ingenuità fuori tempo massimo e intuizioni esemplari. La commedia, dunque, si snoda tutta sul dilemma morale del povero Antonio: restare onesto e povero, come vorrebbe la fidanzata, o ricco e corrotto? Il protagonista è perseguitato da personaggi discutibili, criminali e politici che lo vedono come un simbolo da sfoggiare alla prima occasione utile. Nonostante la fama però Antonio fa fatica a trovare la sua tranquillità: tra emozioni e risate, comicità e denuncia sociale, la storia si dipana tra la denuncia politica e gli omaggi alla napoletanità, tra gli slapstick e i guizzi surreali, fino all’epilogo in cui passato e presente si incontrano grazie alle note di “Assaje”, il brano di Pino Daniele cantato da Lina Sastri che rappresenta l’amarezza e la speranza nel futuro.

Con la vittoria dei “buoni” e lo scorno dei “cattivi”, Biagio Izzo fa vincere il suo personaggio come fosse un traguardo esemplare e, forse, anche una speranza. Le scene dello spettacolo sono di Luigi Ferrigno, i costumi di Anna Zuccarini.

Queste le parole del regista Giuseppe Miale di Mauro, che racconta la genesi e l’evoluzione, anche attraverso i suoi ricordi personali, dello spettacolo: «Nel 1984 io avevo 9 anni e molto probabilmente il film non lo vidi nemmeno (ho poi recuperato crescendo) ma ricordo perfettamente che nella mia famiglia quando c’era da fare qualche incontro importante o qualche faccenda delicata, si diceva: «Di’ che ti manda Picone». Per anni mi sono chiesto chi fosse quel fantomatico Picone, che solo a nominarlo come faceva Giannini nel film rilasciava crediti e possibilità, poi con il tempo ho capito cosa voleva dire quella frase. Così, quando mi hanno chiamato per curare la regia di questo testo che partendo dal film racconta che fine ha fatto quel bambino che ha visto il padre scomparire inghiottito dalle fiamme, ho fatto un tuffo nella mia infanzia.  Lui si è fidanzato e ben presto scoprirà che la sua donna aspetta un bambino.Ciò vorrà dire assumersi delle responsabilità, diventare adulto. Ma Antonio Picone vuole restare bambino, così convinto che crescere voglia dire solo farsi il sangue amaro e ascoltare verità che non gli piacciono.Purtroppo per lui un nugolo di personaggi subdoli e spietati invaderanno la casa e lo condurranno nella piaga sociale di una politica fatta di raggiri e inganni. E il bambino, orfano di un martire del lavoro, sarà costretto a diventare adulto e scegliere da che parte stare nel mondo vero».